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Ecco perché io resterò in Tunisia

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Ero all’Istituto di cultura francese in Avenue de la Liberté, stavo leggendo un libro in tutta tranquillità, quando lo schermo sul cellulare ha cominciato a illuminarsi. Ho un’applicazione che mi invia notifiche ogni volta che sui media tunisini appaiono nuovi articoli ed è così che ho saputo dell’attentato che ha colpito Tunisi. Poco dopo la notizia è circolata anche sui media italiani e così sono stata sommersa di messaggi attraverso facebook, mail e whatsapp da parte di amici e parenti.

“Siamo preoccupati, stai bene? Dove sei?”.

Dopo averli rassicurati ho cominciato a pensare a ciò che era successo, le informazioni erano vaghe, qualcuno parlava di 5 morti ed alcuni feriti, altri media non si sbilanciavano. Ho pensato come l’atto di ieri sia un gesto che colpisce al cuore la Tunisia, soprattutto dato che si avvicina il Social Forum Mondiale, che si terrà a partire dalla prossima settimana e che richiama un forte numero di stranieri. L’economia tunisina sperava con questa stagione turistica e con questo evento importante di poter risollevarsi e invece quello che è successo rischia di far perdere di nuovo questa possibilità. Ero senza parole, avevo voglia di urlare ai ragazzi seduti vicino a me cosa era successo, ma sembravano troppi intenti nello studio così sono corsa in avenue Bourguiba, a cercare un taxi che mi portasse sul posto. E’ stato difficile trovarne uno disponibile.

“Al Bardo? Signorina, con quello che è successo, mi dispiace ma non la porto”.

Dopo minuti – che mi sembravano infiniti – di attesa, sono riuscita a convincere un altro taxista, contrattando: mi avrebbe portato lì vicino e poi avrei dovuto proseguire a piedi. Per fortuna invece ho trovato una gentilissima signora che, dovendo passare lì vicino, mi ha fatto salire insieme a lei su un altro taxi, lasciandomi davanti al blocco della polizia e senza nemmeno volere che pagassi qualcosa per la corsa. “Ecco, questa è la Tunisia, la gentilezza e il cuore d’oro delle persone, la loro accoglienza che non ha eguali”, ho pensato. Tutta trafelata, ho passato i controlli della polizia e finalmente verso le 15 sono arrivata all’entrata del museo.

Al museo del Bardo sono andata una sola volta, giusto il mese scorso in occasione di una mostra dedicata a Paul Klee.

Ricordo che io e mio marito abbiamo parcheggiato la macchina davanti all’ingresso e siamo entrati senza problemi: nessun metal detector, nessun controllo da parte della polizia. Chi mai potrebbe pensare che un museo sia preso di mira dai terroristi? A chi nei mesi scorsi mi chiedeva se fossi al sicuro qui a Tunisi, ho sempre risposto dicendo che non ero preoccupata: gli attentati avevano sempre preso di mira i militari… Al mio arrivo i cancelli del museo sono chiusi, controllati a vista dalle forze di polizia e dai militari. L’operazione è già terminata, alcuni presenti mi dicono che due terroristi sono stati uccisi.

Un’ora dopo cominciano ad uscire gli autobus turistici (foto sopra) con a bordo gli ostaggi: alcuni salutano, altri si nascondono dietro le tende. Un pullman ha i vetri rotti, su un altro si vedono i fori di due proiettili.

Al loro passaggio piovono gli applausi del popolo tunisino, abitanti del quartiere e non, accorsi sul luogo per portare sostegno ai militari e per urlare con forza il loro no al terrorismo.

“Abbiamo sentito i colpi e siamo venute a vedere cosa succedeva – mi dice Besma, che abita nel quartiere -. Siamo qui perché vogliamo far vedere la nostra solidarietà: noi i terroristi non li vogliamo, li detestiamo. Chi uccide in nome dell’Islam non ci rappresenta: l’Islam è pace, tolleranza, solidarietà”.

La figlia Yosra aggiunge: “Non ho paura, ma fa male al cuore sapere di queste vittime. Con questo attacco possiamo dire addio al turismo”. “Vogliono farci paura, ma noi amiamo il nostro Paese – sottolinea Besma – e siamo forti. Dio ci protegga e protegga la Tunisia”. “Bardo Hebdo”, commenta passando un altro tunisino. Penso che è un peccato che la Tunisia sia sotto i riflettori solo quando succedono situazioni simili. Perché la Tunisia non è l’Isis. La Tunisia è molto di più. La Tunisia è tutte quelle persone che ieri erano al Bardo e la folla che la sera ha inondato avenue Bourguiba per urlare con forza il loro no al terrorismo.

La Tunisia è il libraio di strada che mi dice che mi regalerà un libro in francese ed arabo grazie al quale diventerò imbattibile nella lingua araba.

Sul cartello è scritto: “Con i militari e la polizia, no al terrorismo”

La Tunisia è la signora che mi accompagna a destinazione perché non so la strada. E’ il guardiano della chiesa, musulmano, che mi apre la porta della Chiesa ortodossa e ci tiene a dirmi che che “Cristiani e musulmani sono uguali. Io prego Dio in moschea, loro pregano in chiesa. Quelli in Iraq non sono musulmani”. Io penso che annullare i viaggi verso questo Paese, farsi attanagliare dalla paura, significherebbe darla vinta ai terroristi. Io non ho paura. Sono qui da quasi un anno e non ho intenzione di lasciare da sola la Tunisia, questo Paese e questa gente che mi hanno accolta a braccia aperte.

E se servirà, scenderò con loro in strada per urlare “Tahya Tunes”, “Viva la Tunisia”.


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